L'uomo artigiano

Richard Sennett

«Nella vita ce la si può cavare benissimo senza dedizione. L’artigiano è la figura rappresentativa di una specifica condizione umana: quella del mettere un impegno personale nelle cose che si fanno.»

 

 

«Quando la testa e la mano divorziano, è la testa a soffrirne.»

 

 

«Fare un buon lavoro significa avere curiosità per ciò che è ambiguo, andarci a fondo e imparare dall’ambiguità.»

 

 

«La delega paterna quale era vissuta nelle botteghe artigiane di ottocento anni fa non è del resto un fenomeno del tutto estraneo alla nostra esperienza. Tale delega è una realtà attuale nella scuola, dove gli insegnanti presiedono a una fetta sempre maggiore del ciclo di vita delle persone. Il divorzio e i matrimoni successivi determinano un’ulteriore forma di genitorialità surrogata. La bottega artigiana medievale era una famiglia tenuta insieme più dal rispetto che dall’amore. Il capofamiglia fondava la sua autorità, concretamente, sul trasferimento di abilità tecniche. Era questo il ruolo del genitore surrogatorio nello sviluppo dei fanciulli. Egli non dispensava amore; era pagato per svolgere quella particolare funzione paterna. L’immagine della paternità che la funzione del maestro in bottega in loco parentis ci propone può risultare spiazzante, ma anche essere fonte di ispirazione per la nostra società: come figura paterna, il maestro artigiano aveva un ruolo semplice e chiaro, quello di ampliare gli orizzonti del ragazzo al di là del dato contingente dei suoi natali. Inoltre, nel caso dell’arte orafa, il ragazzo era introdotto a un codice d’onore adulto che ampliava il suo orizzonte al di là della sua famiglia individuale, oltre i confini personali di un genitore amato. Il padre surrogatorio medievale poteva essere affettuoso con i ragazzi a lui affidati, ma non aveva il dovere di amarli. L’amore, con le sue complicazioni e ambivalenze, con la sua generosità assoluta, non c’entra con la maestria tecnica. Il padre surrogatorio era, diremmo noi oggi, una figura paterna forte.»

 

 

«La conoscenza è un processo addizionale, cumulativo; si costruisce nel tempo, salendo sulle spalle dei grandi che ci hanno preceduto, come, al circo, nelle piramidi umane degli acrobati.»

 

 

«Contro la pretesa di perfezione, possiamo affermare invece la nostra individualità, che è ciò che conferisce un carattere distintivo al lavoro che svolgiamo. Per realizzare tale impronta personale nel lavoro tecnico, sono necessarie la modestia e una certa consapevolezza delle nostre inadeguatezze.»

 

 

«Il valore simbolico di un oggetto è inseparabile dalla coscienza della sua condizione materiale; i suoi creatori hanno pensato i due aspetti insieme.»

 

 

«Per arrivare al fine prefissato, il processo lavorativo deve fare qualcosa che alla mente ben ordinata ripugna, e cioè sostare temporaneamente nel disordine: mosse false, false partenze, vicoli ciechi. Anzi, nella tecnica come nellʼarte, lʼartigiano che esplora non si limita a imbattersi nel disordine; lo crea volontariamente perché lo considera un mezzo per comprendere i procedimenti del suo lavoro.»

 

 

«Ripetere per il gusto di ripetere: come quando si nuota, il movimento ripetuto diventa un piacere in sé.  

[…]  

Non è unʼesperienza tanto strana; la conosciamo tutti, si chiama ritmo. Il ritmo è iscritto nelle pulsazioni del cuore umano.»

 

 

«Conosciamo tutti il detto di Eraclito: “Nessun uomo può entrare due volte nello stesso fiume”, perché non sarà lo stesso fiume e lʼuomo stesso sarà cambiato. Lʼuomo artigiano, tuttavia, non lo interpreterà nel senso che la vita sia puro fluire. Ma piuttosto come uno stimolo a ripensare il modo di fare le cose, di fronte alla necessità di ripararle; e gli attrezzi imperfetti o difficili potrebbero rivelarsi assai utili in quellʼopera di rinnovamento.»