A proposito dell’influenza di Otto Weininger (con l’opera Sesso e carattere) sui pensieri di Ludwig Wittgenstein.
«La consapevolezza del genio è quella che massimamente si differenzia dallo stadio dell’enide: il genio comprende “il maggior numero di cose con la più limpida chiarezza e distinzione”. Il genio possiede la memoria più sviluppata, la massima capacità di elaborare giudizi chiari e distinti e, di conseguenza, la sensibilità più raffinata per distinguere tra vero e falso, giusto e ingiusto. Logica ed etica sono sostanzialmente la stessa cosa: “un dovere verso se stessi”. Il genio “è la massima moralità e, pertanto, il dovere di chiunque”. L’uomo non è nato con l’anima ma con la potenzialità di averla. Per realizzare tale potenzialità egli dovrà saper trovare il suo sé più vero e più alto, sfuggendo alle limitazioni del suo sé empirico e falso. Una via che porta a questa scoperta di sé è costituita dall’amore. Grazie all’amore “molti uomini pervengono per la prima volta alla scoperta della propria reale natura; convincersi di possedere un’anima.”
Nell’amore l’uomo non ama che se stesso. Non il proprio sé empirico, né la sua debolezza, né la sua bassezza, né la sua inadeguatezza, né la sua piccolezza, bensì ciò che vuole e dovrebbe essere sino in fondo, la sua natura più vera, profonda e trasparente, libera dal peso della necessità e da qualsiasi residuo terreno.
Naturalmente Weininger sta parlando dell’amore platonico, anche perché lo ritiene l’unico amore possibile e “qualsiasi altro amore appartiene al dominio dei sensi”. Amore e desiderio sessuale non si limitano ad essere due cose diverse: sono in netta contrapposizione. Perciò l’idea di un amore coniugale è pura finzione. L’attrattiva sessuale cresce con la vicinanza fisica, l’amore, invece, raggiunge il suo culmine in assenza dell’amato. L’amore necessita della separazione, di una certa distanza che lo salvaguardi: “ciò che non poterono determinare i viaggi nei paesi più lontani, e nemmeno il tempo fu in grado di realizzare, può invece verificarsi in conseguenza di un contatto fisico, per quanto casuale e involontario, con la persona amata: contatto che può risvegliare l’impulso sessuale e può così uccidere l’amore d’un sol colpo.”»
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«Gli era probabilmente già chiaro sin da allora che l’unica vita degna di essere vissuta sarebbe stata quella spesa nel compimento del più grande dovere verso se stesso, verso il proprio genio.»
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«Insomma, egli riteneva che ci si dovesse lasciar guidare dalle passioni e dagli impulsi, come del resto avevano fatto suo padre, suo fratello Hans e in genere deve fare il genio. D’altra parte, però, aveva uno spiccato senso del dovere e, proprio per quanto riguardava le sue scelte di vita, precipitava periodicamente nella tempesta del dubbio. Wittgenstein aveva avuto bisogno dell’incoraggiamento di Russell per vincere questi dubbi e poter seguire felicemente la sua passione, i suoi impulsi più cogenti. La sua famiglia era rimasta molto colpita dal repentino cambiamento seguito agli incoraggiamenti di Russell a lavorare in campo filosofico. Dal canto suo, Wittgenstein ebbe a dire a Russell, alla fine di questo trimestre, di aver trascorso le ore più felici della vita nel suo studio. Ma tutta questa felicità non la si può considerare semplicemente il frutto o la conseguenza della scelta di seguire finalmente i propri impulsi; alla sua base, infatti, c’è anche la convinzione di avere il diritto di una tale scelta: diritto a sua volta fondato dal possesso di un talento filosofico al di fuori dal comune.
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Russell consentì a Wittgenstein di abbracciare una simile scelta di vita appunto perché ravvisava in lui le qualità del genio. Fornirà in seguito questa descrizione di Wittgenstein:
Era, forse, l’esempio più perfetto che io abbia mai conosciuto di un uomo di genio, così come lo si immagina per tradizione: appassionato profondo intenso e dominatore.»
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«A una “serata” in casa Russell, Wittgenstein prese a sostenere che lo studio della matematica affinava il gusto di una persona: “perché il buon gusto è un gusto dotato di sincerità e, pertanto, è favorito da tutto ciò che abitua a pensare in maniera aderente alla verità.”»
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«Questa liberazione, accompagnata dalla bellezza di un paesaggio addirittura ideale per quelle lunghe e solitarie passeggiate di cui aveva bisogno per distendersi e per meditare, suscitarono in lui una specie di euforia. Venne a trovarsi, insomma, in condizioni perfette per pensare, e fu forse l’unico periodo della sua vita in cui non ebbe dubbi sul fatto di trovarsi nel posto giusto a fare ciò che era giusto; tanto che non si può escludere che l’anno trascorso a Skjolden sia stato tra i più produttivi della sua intera vita. Anni dopo guardava a questo periodo come all’unico in cui aveva avuto dei pensieri assolutamente originali, arrivando a “creare nuovi movimenti del pensiero”. “All’epoca il mio cervello era infuocato!” soleva ripetere.»
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«Wittgenstein riteneva che l’esperienza di affrontare la morte l’avrebbe in qualche modo arricchito. Andò in guerra, si potrebbe dire, non per il proprio paese ma per se stesso.»
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«Il timore della morte è il miglior segno d’una vita falsa, cioè cattiva.»
— Ludwig Wittgenstein
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«Pensai: son costretto a vivere con della gente dalla quale non riesco a farmi comprendere. Cioè un pensiero che di questi tempi mi viene spesso in mente. Contemporaneamente al presentimento che sia per colpa mia.»
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«Ciò che gli altri pensano di me mi preoccupa sempre straordinariamente. Spessissimo mi preoccupo di suscitare una buona impressione. Cioè penso molto frequentemente all’impressione che posso fare sugli altri e mi fa piacere quando penso che è buona e dispiacere in caso contrario.»
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«Come sempre, andava alla ricerca di Dio in se stesso: la trasformazione della disperazione in fede. E si punì, quando, nelle violente tempeste dei giorni seguenti, incorse nella tentazione di maledire Dio. Si disse che era “solo malvagio e superstizioso”.»
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«L’umorismo non è una disposizione dell’animo, bensì una visione del mondo.»